Panopticon, immagini di videocamere di sorveglianza

di | 15 Marzo 2007

da Neural.it

Gli ultimi anni hanno visto un incremento significativo delle telecamere di video sorveglianza a circuito chiuso negli spazi pubblici. Le videocamere ci scrutano dagli angoli dei palazzi, dalle macchine ATM, dai semafori, immortalando ogni movimento a beneficio della polizia e delle guardie di sicurezza.

L’efficacia di questi dispositivi in termini di riduzione dei crimini è dubbia e i casi di abuso da parte delle autorità  sia pubbliche che private hanno sollevato serie preoccupazioni riguardo al monitoraggio video nei luoghi pubblici. Il Web 2.0 offre l’opportunità  di discutere dell’argomento su Flickr attraverso un progetto chiamato “Panopticon: Pictures of Surveillance Cameras“. Non c’è dubbio sul fatto che la video sorveglianza degli spazi pubblici costituisca un’invasione della dimensione privata. Ma il vero problema sta nell’indecisione relativa al possesso delle registrazioni e a chi abbia il diritto di vederle. Molte delle videocamere di sorveglianza sono private. Banche, uffici e grandi magazzini sono costantemente impegnati nel monitoraggio dei loro esercizi e dello spazio pubblico adiacente ad essi. Le registrazioni fatte sono di loro proprietà  e possono essere archiviate, trasmesse o vendute ad altri senza permessi, liberatorie o pagamenti delle persone coinvolte. Allo stesso modo il girato dei dipartimenti di polizia dovrebbe essere considerato “registrazione pubblica” e pertanto a disposizione dei singoli, delle società  e delle agenzie governative.

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E’ provato poi che la CCTV no riduce il crimine ma lo sposta verso aree non viste. “Se non hai fatto nulla di sbagliato, non hai niente da nascondere” è la difesa standard in favore della CCTV. La progressione logica di questa argomentazione è che solo le persone “cattive” hanno segreti, perciù, per provare la propria onestà , la polizia e le autorità  devono conoscere tutto ciù che riguarda i privati cittadini. Tuttavia chiunque ha diritto alla privacy. Ed è per questo, ad esempio, che This is why The Institute for Applied Autonomy (IAA), un’organizzazione organizzazione per la ricerca tecnologica e lo sviluppo dedicata alla causa dell’auto-determinazione del singolo e della collettività , ha creato iSee, una applicazione web che traccia le collocazioni delle camere di sorveglianza negli ambienti urbani. L’intento di questi progetti è evidentemente provocatorio, ma mostra comunque un trend nel web 2.0 legato a una questione tuttora irrisolta: siamo liberi prigionieri di un mondo Panopticon?

Valentina Culatti