A Torino la Memoria 2.0

di | 15 Maggio 2008

di VALERIO MACCARI

DIFFUSA, condivisa e fondata sulla partecipazione. Non stiamo parlando di Web 2.0, ma di un fenomeno di social-networking molto più antico e importante, insieme fondamento ed espressione delle identità dei gruppi sociali: la memoria collettiva. Traccia di un evento storico nei ricordi delle persone, presenta più di una somiglianza con la filosofia che ha rivoluzionato il mondo della comunicazione. A partire dall’architettura partecipativa, senza la quale né Web 2.0 né memoria collettiva sono possibili. Ed è per questo che il linguaggio dei nuovi media sembra adattarsi molto bene alle necessità di comunicazione della memoria collettiva, e, negli ultimi anni, le iniziative web-based di musei e associazioni si sono moltiplicate.

Somiglianze, combinazioni e contaminazioni fra memoria e nuove tecnologie saranno al centro anche di Memoria 2.0, un seminario internazionale organizzato a Torino, da domani al 16 maggio, proprio per tracciare il percorso che sta portando sempre più la concezione di memoriale da una dimensione “monumentale” ad una “virtuale”. Organizzato da Museo Diffuso della Resistenza, da ACMOS e dall’Istituto Giorgio Agosti, con il patrocinio del Politecnico di Torino e di COM, l’evento ha il sostegno della Commissione Europea, della Regione Piemonte e della Città di Torino.

L’obiettivo è fare il punto sui cambiamenti, positivi e negatici, che i nuovi linguaggi tecnologici stanno apportando al modo “tradizionale” di rappresentazione della memoria, oggi più che mai in difficoltà. “Bisogna fare i conti – spiegano infatti gli organizzatori – con una simbolica rottura culturale, una sempre maggiore distanza, non solo temporale ma anche emotiva, nei confronti della memoria.”

Ed è per questo che, negli ultimi decenni, si è sviluppata “una nuova generazione di musei di storia, la cui novità interessa i linguaggi e la comunicazione, le forme della mediazione culturale, la concezione stessa delle sedi.” E sono sempre di più “le istituzioni prive di una collezione o di documenti, che cercano di suscitare emozioni attraverso un’attenta scelta del formato museografico. Musei di memorie, di pensieri, di idee. Allestimenti sempre più tecnologici e scenografici che suppliscono all’assenza di oggetti e materiali.”

Non si tratta quindi, di aprire un blog o promuovere la comunicazione istituzionale attraverso viral video, ma di creare servizi alternativi, e in alcuni casi sostitutivi, del classico museo. Come l’Open Source Museum o il Tech Virtual Museum Workshop, il museo virtuale che permette agli utenti di creare i propri progetti espositivi, entrare in gruppi di lavoro e creare le proprie esposizioni online. “I musei attraverseranno una evoluzione simile a quella che radicalmente cambiato internet – spiega Nina Simmons, curatrice del blog Museum 2.0, che esplora opportunità e difficoltà dell’integrazione tra web 2.0, musei e memoriali – Fino ad ora sono stati come i siti tradizionali: fonti autoritarie di contenuto, che vedono gli utenti come consumatori. La sfida è trasformarli in piattaforme dinamiche di generazione e condivisione dei contenuti.”
Un obiettivo condiviso da “Stories on geographies“, l’iniziativa web che verrà presentata da PerformingMedia lab di Acmos nell’ultimo dei tre giorni di lavoro del seminario. A cavallo tra Google Maps e un atalante storiografico, il progetto è un “geoblog europeo della memoria”, ovvero una mappa partecipativa on-line dei luoghi della memoria dell’Europa. Il servizio, già sperimentato a Torino nella primavera del 2006, si configura come un nuovo spazio pubblico virtuale, dove a parlare sono i luoghi e le persone che li attraversano.

“Un ambiente interattivo – sottolinea la presentazione del geoblog – in cui esplorare e sperimentare l’idea di Europa unita nei linguaggi e con le sensibilità dei nuovi media.” Sulle mappe satellitari sono segnalati i luoghi della memoria storica dell’olocausto e della resistenza ai nazifascismi di tutta Europa. Musei, associazioni e semplici utenti potranno associare ad ogni luogo commenti, media e link, come in una mappa di Google.

“La costruzione della mappa è un work in progress che vede coinvolti tutti”, spiega Marco Tabbia, di PerformingMedia Lab. “Ma i luoghi segnalati dagli utenti, ovviamente, sono sottoposti ad approvazione, per mantenere il maggior grado di precisione storica possibile”. Lo scopo di Stories on Geographies, è contribuire a creare “una memoria sociale europea, condivisa, che possa rimanere intatta con il trascorre del tempo” utilizzando il linguaggio dei nuovi media.
“Tra i mezzi di comunicazione – spiega infatti Tabbia – Internet permette non solo una fruizione pubblica ed estesa, ma anche la creazione e la diffusione del sapere storico: chiunque oggi può accedere alla rete e diventare un utente attivo. Al centro vi è il concetto di social net-working: la rete che crea, comunica e intesse relazioni. Il geoblog è una piattaforma collaborativa, perché è partecipata e perché stimola alla collaborazione, non solo tra utenti, ma anche tra media, storia, cittadinanza e tra docenti, studenti, istituzioni”.

“Le storiografie – chiarisce Tabbia – le scrivono gli scienziati della storia. La memoria invece non può che essere partecipazione. È da quest’assunto che è nata la sfida di riuscire ad utilizzare gli strumenti del web 2.0 per il recupero della memoria nella sua dimensione collettiva”. Che permettono di lavorare “sul nodo fondamentale, la partecipazione: nel nostro caso al geoblog, che è un modo per costruire la storia ed educare alla storia sfruttando le nuove tecnologie. Nella speranza di trasformare in portatori di memoria storica tutti noi, e non lasciare il compito solo a teche e libri di storia”.

(13 maggio 2008)
fonte: Repubblica.it